Cap. VI
Ma dalla seconda metaā di agosto, anche Sonia comincioā a distaccarsi progressivamente da me senza un’apparente ragione: l’approssimarsi dell’autunno aveva seminato in me i primi germogli di una futura e lunga tristezza. Dopo una telefonata che mi riveloā una realtaā molto cruda, non la chiamai piuā per un lungo periodo: anche lei mi aveva ingannato.
Tornai ad essere solo, come una volta: avevo con me soltanto i ricordi di quel passato recentissimo e giaā cosiā lontano. E decisi di non abbandonarmi piuā tanto facilmente alle passioni: pensai che non fosse ancora arrivato il “momento” e che la solitudine, in fondo, non era una tragedia.
Intanto, cominciai a ricevere alcune lettere da una ragazza che ci ascoltava da un carcere, e che mi confidava di essere molto triste per il fatto di essere finita liā ingiustamente. Mi faceva presente che non poteva telefonare e l’unico suo svago era il nostro spazio dediche. Mi commossi e le dedicai queste poche righe:
MARCELLA “BELLA”
Nascosta, non dimenticata, da un’onda di cattiverie,
avvolta da un filo spinato di falsitaā, non prigioniera,
aspetti che il tempo prenda tempo
per saltare oltre quel muro
scarabocchiato dalla volgaritaā dei vili.
Non per causa tua,
ma per un disegno imperscrutabile,
sei chiamata a recitare un triste ruolo,
senza poter ricevere applausi o consensi,
bensiā umiliazioni e frustrazioni.
Sei un esempio di eroe taciuto,
un modello, un insegnamento per quanti,
con irriverenza, giocano con l’altrui libertaā,
e per coloro che, pur possedendola, non l’apprezzano.
O ancor di piuā, sei la coscienza di tutti noi,
macchiata dall’egoismo e dall’omertaā.
Ma soprattutto, di fronte allo squallore che,
tuo malgrado, si riflette nei tuoi occhi verdi,
resta sempre un cuore, il tuo cuore che,
pur triste e sconsolato, dovraā quanto prima,
esplodere nell’abbraccio di quanti ti meritano,
per la sensibilitaā e la ricchezza d’animo
che niente e nessuno potraā rubarti.
Finiā pure agosto. Iniziava il rientro dalle vacanze, anche Irene doveva essere tornata: infatti avrebbe dovuto sostenere un esame di riparazione nei primi giorni di settembre. Ci sentimmo proprio il 31 agosto e sembrava veramente contenta di parlare con me e di raccontarmi le sue marachelle estive. Il mio piacere di riascoltare la sua voce era dettato forse dal desiderio di lenire la delusione che Sonia aveva cagionato in me pochi giorni prima, con la speranza che il ricordo dei bei momenti passati che la sua presenza ricreava in me, potesse aiutarmi a “dimenticare”.
Dal 1° al 3 settembre ci fu il ritiro a Canneto, lontano dalla confusione della cittaā; fu un momento di riflessione e di crescita molto positivo. Anche l’ambiente, nel silenzio della natura incontaminata, contribuiā a rinfrancarmi sia nel corpo che nello spirito. Irene volle che la chiamassi anche da liā e la cosa, inaspettata, mi fece piacere veramente. Mi parve di scorgere qualcosa di misterioso nel suo modo di fare nei miei confronti: notavo un certo cambiamento anche nel tono della sua voce, piuā affettuosa, piuā vicina… Sembrava un’altra. E ogni volta che ci sentivamo, mi sembrava che piano piano ritornassero i vecchi tempi. Perfino l’esperienza a Canneto aveva assunto una veste diversa, stava diventando un bel ricordo, percheā tra i miei pensieri, sbocciava di nuovo il nome d Irene. Mi sentivo piuā buono e meno triste. Ogni episodio era vissuto con uno stato d’animo piuā sereno. Ed anche quando per due volte la mia macchina ci lascioā a piedi complicando sia il viaggio d’andata che quello del ritorno, il pensiero di Lei rendeva qualsiasi altra cosa futile e poco importante.
Al ritorno, ci aspettava lo “spazio dediche” che ben presto avrebbe concluso la sua fortunata avventura.
Il 4 settembre, sabato, fu memorabile. La sera, come tutti i fine-settimana, ero a casa. Trascorrevo il tempo a suonare il pianoforte; di tanto in tanto mi affacciavo al balcone per cercare un po’ di refrigerio. Sul tardi, squilloā il telefono e, meraviglia, era Lei… Iniziammo a discorrere come non accadeva da diverso tempo. Mi disse che aveva iniziato a scrivermi una lettera come risposta al mio messaggio “anonimo” del 14 agosto che, tra l’altro, le piacque molto. E intanto mi chiedeva quale fosse il significato di quel mio scritto. A me sembrava superfluo dare una spiegazione; comunque tagliai corto dicendo che ormai, tra noi, i bei tempi erano lontani. Pronunciando queste parole, non mi rendevo conto di quello che sarebbe accaduto di liā a poco. Credevo che quella risposta le bastasse e che il discorso si sarebbe concluso in breve tempo. Invece Lei insisteva particolarmente sulla mia frase “…tu sei troppo per me e io nulla per te” e rimproverandomi il fatto che nelle mie giustificazioni io parlassi “al passato”. Io non capivo, o fingevo di non comprendere: non poteva essere plausibile una cosa del genere e la pregai di essere piuā chiara. In poche parole mi stava confidando di aver ritrovato l’affetto di una volta, se non in misura piuā intensa.
Eā chiaro che un pensiero di questo tipo rivolto a me e pronunciato da quella voce, non poteva essere una cosa da niente: per poco non svenni! Le chiesi se avesse la febbre e se si fosse resa conto che all’altro capo del telefono c’ero io. Con irriverente naturalezza rispose di siā quasi ridendo. Non sapevo come rimettere a posto i pensieri e da quale vocale o consonante iniziare a dire qualcosa. Non ricordo piuā niente di quello che seguiā. Forse cominciai a farfugliare stupidaggini, ma quella per me era una dichiarazione d’amore bella e buona! Ero talmente in estasi che, quando mi avvertiā che non sapeva se sarebbe potuta iniziare una “storia”, un esagerato ottimismo mi rassicuroā, come se la cosa dipendesse solo da me… In un istante ritrovai me stesso e tutto l’amore che ero stato capace di provare per Lei. Come in un sogno, Irene… Ogni secondo che passava raddoppiava il mio affetto per quella ragazza che era capace di farmi passare in un attimo dalle stelle alle stalle e viceversa. Ogni battito del mio cuore, sempre piuā affannoso, era un bacio che sfiorava la sua anima…
Mi lesse un brano della sua lettera chiedendomi un giudizio: si intitolava “Non rinunciare”. Mi piacque veramente e non capivo se l’avesse scritto apposta per me. Quella notte dormii male. La gioia fu cosiā grande, che al risveglio, il giorno dopo, ero consumato come da un dolore continuo.