La radio e il futuro
Dire radio per la maggior parte di noi significa pensare all’apparecchio che ci porta in casa musica, notizie, bollettini meteo e quotazioni di Borsa. In realtà, all’ombra di Marconi e della sua geniale capacità di manovratore delle onde hertziane, c’è un mondo che influisce in modo determinante sul nostro stile di vita e su quello dei Paesi poveri, che non hanno i mezzi per costruire reti adeguatamente diffuse per comunicare via cavo. È un mondo tecnologico che va dai ponti radio alle trasmissioni via satellite, includendo tutto l’universo televisivo, i telefonini cellulari, i sistemi di localizzazione delle orbite, nonché le immagini stupende che, inviate via radio dalle sonde spaziali, hanno trasformato la nostra panoramica sull’universo.
Con l’evoluzione della tecnologia, alla fine degli anni ‘70, mentre negli Stati Uniti si incominciano a vedere le prime antenne paraboliche per la ricezione diretta da satellite, compare un altro personaggio rivoluzionario: la fibra ottica. Una fibra in vetro che invia messaggi tramite impulsi laser. Senza subire distorsioni, interferenze, con attenuazioni minime nei segnali, senza bisogno di ripetitori, le fibre ottiche hanno una banda molto larga in grado di convogliare una grande mole di dati ad altissimo ritmo. Con loro entra nel linguaggio comune una brutta parola: cablare o città cablate, dall’inglese cable che significa poi solo cavo, pensando naturalmente all’incredibile cavo di vetro. Contemporaneamente si comincia a favoleggiare di Tv via cavo. È forse la fine di Marconi? Con questi cavi magici fatti di vetro torneremo forse al cavo totale? Se perfino la Tv viaggerà tanto meglio su cavo che bisogno ci sarà delle onde radio?
C’è da dire però, che la trasmissione via radio conserva caratteristiche ineguagliabili. La radio che non necessita di cavi ha un’enorme flessibilità di prestazioni e permette una rapidità di messa in opera come null’altro. Inoltre è l’unico mezzo di comunicazione che consente i collegamenti con terminali mobili e personali. Di qui la febbre per i telefonini cellulari che, dai Mondiali del ‘90 in poi, stanno facendo impazzire gli italiani e che ci permettono, via radio, l’accesso alla rete Telecom, e, nella nuova versione Gsm, addirittura un uso su tutta l’Europa, che in breve, per merito dei nuovi satelliti, si estenderà al mondo intero.
Ed ecco, appena annunciata, un’altra rivoluzione fondamentale: è la più grossa e viene dalle trasmissioni numeriche. Tutti i segnali, che siano trasmessi via radio o via cavo, saranno digitalizzati, e cioè trasformati in numeri. Con straordinari vantaggi: i segnali numerici li puoi elaborare col computer e quindi comprimerli in modo da stipare più canali nella stessa banda di frequenza: cinque canali dove ce ne stava uno.
In questa linea la Rai ha già annunciato il DAB (Digital audio Broadcasting), la nuova tecnica interamente digitale per la diffusione di segnali sonori che offrirà la fedeltà del Cd, un maggior numero di programmi con una minore occupazione dello spettro, oltre all’introduzione di servizi addizionali. La radio servirà anche a ricevere software per computer ed informazioni da banche dati. Avrà un display a cristalli liquidi che ci fornirà il titolo del brano trasmesso e magari, in contemporanea con la musica, le quotazioni di Borsa. Col DAB, si prevede, la radio vivrà una seconda giovinezza.
In ogni caso la trasmissione numerica è il passo ineludibile verso la tanto favoleggiata comunicazione multimediale, poiché voci, dati, immagini, testi viaggeranno con lo stesso linguaggio numerico (Molinari, 1995: 110-112).