Tesi di Laurea – I giovani e la radio

Tecnologie e aspetti tecnici

“Le onde si classificano per la loro lunghezza e per la frequenza, la cui unità di misura è l’hertz. Perché le onde possano trasmettere messaggi articolati occorre che possano essere variate la loro frequenza o la loro ampiezza. Ciò si chiama “modulazione”. Può essere variata l’ampiezza mantenendo costante la frequenza (Modulazione di ampiezza, AM), e ciò avviene per le onde lunghe, medie e corte; oppure, viceversa, può essere modificata la frequenza lasciando inalterata l’ampiezza (Modulazione di frequenza, FM). Il primo metodo caratterizza la prima fase della radiofonia, ma è tuttora tecnicamente valido; il secondo è proprio della radio più recente e della televisione, che utilizza le onde Vhf, Hhf, Shf in modulazione di frequenza. Poiché per trasmettere messaggi è necessaria una modulazione, cioè una oscillazione della frequenza o dell’ampiezza, ogni emittente non occupa un valore unico, ma una banda in cui avviene l’oscillazione. Più il messaggio è complesso, più la banda deve essere larga. La radio ne occupa una più ridotta della tv in bianco e nero, minore a sua volta di quella a colori. Quando vengono in contatto due emissioni con bande di frequenza uguali o parzialmente sovrapponibili avvengono interferenze e la qualità della ricezione scende drasticamente. Per questo è difficile tecnicamente, anche in assenza di un “Far West” dell’etere, mantenere la medesima frequenza in un esteso territorio. Se ai confini del bacino di utenza di un trasmettitore se ne installasse un altro con la stessa frequenza, ove le due emissioni combaciano si avrebbero fastidiosi disturbi. È necessario invece che il successivo trasmettitore abbia una frequenza assai lontana, per abbattere al massimo il rischio di interferenze, almeno finché il segnale audio non sarà digitale (a quel punto, la potenza dei trasmettitori potrà essere drasticamente diminuita)” (Menduni, 1994: 163-164).