Gli effetti dei media
Gli effetti generali della comunicazione di massa e dei mass media in quanto tali, a prescindere dai loro contenuti, possono essere così sintetizzati:
I) Lo sviluppo dei mass media ha fatto sorgere un gran numero di organizzazioni di nuovo tipo la cui attività principale consiste nella manipolazione di simboli: agenzie pubblicitarie, uffici di pubbliche relazioni, ricerche di mercato, centri di produzione radiofonica e televisiva, esperti di comunicazione grafica e visiva, ecc.
II) Riducendo in effetti le distanze fisiche, temporali e sociali, la comunicazione di massa ha notevolmente allargato il pubblico e l’uditorio di qualsiasi messaggio. Chiunque abbia qualcosa da dire deve tenerne conto. Nel contempo, la comunicazione di massa ha sostanzialmente allargato l’orizzonte dell’individuo ricevente, dilatando per così dire la sua situazione spazio-temporale.
III) La comunicazione di massa ha avuto notevole influenza nel modificare il linguaggio scritto e parlato, in tutti i gruppi della popolazione, contribuendo notevolmente, soprattutto nel caso dell’Italia, allo svecchiamento degli abiti linguistici.
IV) I mass media sono diventati per molti soggetti dei fattori dello status sociale. I media accrescono o diminuiscono il prestigio, la fama, l’autorità di cui godono una persona, un gruppo, una associazione, un movimento o un partito politico, non solo per ciò che dicono di essi, ma anche per il semplice fatto di concedere o negare loro un certo spazio nei propri programmi.
V) La comunicazione di massa ha accresciuto l’importanza dei tratti personali, quali l’aspetto, la voce, l’abito, il modo di parlare, come fattori nella vita sociale e politica. Di solito “vince” chi sa presentarsi meglio, chi sfoggia la migliore immagine di sé.
VI) La comunicazione di massa ha modificato alcune strutture della famiglia, riducendo il ruolo dell’autorità, fornendo consigli e assistenza per la soluzione di problemi domestici, rafforzando lo status dei figli minori, modificando i bisogni e accrescendo le possibilità di scelta in riferimento a una vasta gamma di beni e di servizi.
VII) La comunicazione di massa, sincronizzata con la produzione di massa, ha dato maggior peso ai valori materiali, ed in genere ha accresciuto la visibilità di tutti i fenomeni economici. La sua reale influenza sui consumi resta peraltro da valutare.
VIII) La comunicazione di massa ha accelerato i processi di diffusione culturale e di acculturazione, ha introdotto valori e atteggiamenti urbani nell’ambiente rurale, ha promosso per tal via l’esodo dalle campagne e le migrazioni interne, ed ha costituito generalmente un fattore di mutamento sociale (Gallino, 1978: 142-143).
A conferma di quanto detto sopra, si può verificare che l’esperienza di ogni giorno ci fornisce innumerevoli esempi di piccoli effetti derivanti dalla fruizione più o meno volontaria dei mezzi di comunicazione di massa. Ogni giorno scegliamo cosa indossare, regolandoci anche sulle previsioni meteorologiche, acquistiamo qualcosa indotti da una determinata pubblicità, andiamo a vedere un film di cui abbiamo letto qualcosa su un giornale; reagiamo in innumerevoli modi alla televisione, alla radio, alla musica. Viviamo in un mondo dove i processi politici e di governo si basano sull’assunto che noi siamo a conoscenza di ciò che accade grazie alla stampa, alla televisione, alla radio. Sono pochi coloro che non assumono alcuna informazione o opinione dalla fonte dei media, e si spende molto denaro e molti sforzi per orientare i mezzi di comunicazione al raggiungimento di questi effetti. Non ha molto senso parlare dei “mezzi di comunicazione” come se fossero un corpo unitario, piuttosto che una serie di messaggi, immagini ed idee enormemente diverse, molte delle quali non nascono all’interno dei mezzi di comunicazione, ma provengono dalla società e alla società vengono ritrasmesse. Non è facile indicare un caso in cui i media siano la causa unica o indispensabile di un determinato effetto sociale.
La storia della radiocomunicazione
Per radiocomunicazione si intende la tecnica che consente la trasmissione a distanza di messaggi parlati, di suoni o immagini convenzionali, mediante le onde elettromagnetiche che viaggiano alla velocità della luce (300.000 km/sec).
Le prime forme di comunicazione su grandi distanze (il telefono e il telegrafo), richiedevano fili tra il trasmettitore e il ricevente; la radio, d’altra parte, non richiede collegamenti fisici.
In precedenza, la comunicazione radio avveniva in forma di radio-telegrafia: cioè per mezzo di singole lettere di un messaggio che erano inviate attraverso un sistema ‘linea-punto’ chiamato Codice Morse. La trasmissione di una voce umana avvenne per la prima volta nel 1906.
La radio non è stata inventata da una sola persona e in un determinato istante o giorno: infatti i primi esperimenti di Marconi, intorno al 1894, iniziarono quando tutte le proprietà delle onde elettromagnetiche erano note, per merito principale di Maxwell, Hertz e di A. Righi, A. S. Popov, E. Branly e O. Lodge.
Il primo importante passo fu quello di dimostrare che le radioonde potevano superare ostacoli naturali: accadde a Pontecchio (1895), dove il giovane Marconi inviò il suo primo segnale al di là della collina e il colpo di fucile che echeggiò nella valle come conferma di ricezione, segnò, per così dire, il primo ‘vagito’ della radio.
Nello stesso anno ripeté l’esperimento a Londra, per la direzione delle poste inglesi. Bisogna dire, comunque, che indipendentemente da Marconi, anche il russo Popov realizzò una trasmissione radiotelegrafica.
Per dimostrare la possibilità di superare la curvatura della Terra, nel 1901 Marconi realizzò la prima trasmissione attraverso l’Oceano Atlantico, tra Poldhu, in Cornovaglia, e una stazione ricevente a San Giovanni di Terranova.
La nascente telegrafia senza fili poté dimostrare la propria utilità nelle circostanze più drammatiche, in occasione del naufragio del Titanic: danneggiata da un iceberg durante il suo viaggio transatlantico inaugurale, il 15 aprile 1912, la nave poté lanciare per radio l’SOS, che consentì di salvare 703 persone. L’anno seguente, l’appello lanciato dalla nave italiana Volturno, che bruciava in pieno Atlantico, fece accorrere dieci navi che salvarono la vita a 521 persone.
Nel 1916, David Sarnoff, della American Marconi Company, dichiarò: “Ho in mente un piano di sviluppo che farebbe della radio un apparecchio d’uso domestico come lo sono il pianoforte o il fonografo. L’idea è di portare nelle case la musica attraverso la radio”.
Nel 1917 negli Stati Uniti venivano realizzate le prime importanti esperienze di radiodiffusione.
Le necessità militari accelerarono lo sviluppo della telefonia senza fili, il numero e la potenza dei radiotrasmettitori aumentarono, collegamenti radio furono stabiliti non soltanto fra unità di terra, ma anche in marina e in aviazione, provocando anche lo sviluppo della radiogoniometria. Il 4 novembre 1918 le onde radio diffusero la notizia della vittoria. Nel dopoguerra si iniziò lo sviluppo delle radiodiffusioni nel mondo.
Nel 1920 ebbero inizio negli Stati Uniti le trasmissioni radio pubbliche. Il 2 novembre gli ascoltatori americani appresero la vittoria di Warren G. Harding alle elezioni presidenziali. Il 2 luglio 1921 milioni di amatori poterono seguire l’incontro tra i pugili Dempsey e Carpentier. Nel novembre del medesimo anno l’emittente francese installata sulla Torre Eiffel, costruita in tempo di guerra, iniziò regolari trasmissioni.
Il 6 ottobre 1922 iniziò la trasmissione di notiziari e di concerti un radiotrasmettitore privato, e nello stesso anno, in Gran Bretagna si costituì la British Broadcasting Corporation (BBC), primo caso di vero monopolio radiofonico.
In Italia le trasmissioni regolari ebbero inizio il 6 ottobre 1924 dai microfoni dell’URI (Unione radiofonica italiana) dalla quale poi derivò l’EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche): alle 21 la voce di Maria Luisa Boncompagni diede il via ai programmi radiofonici pubblici con un concerto inaugurale che si aprì con un brano di Haydn. Le trasmissioni si conclusero con la canzone Giovinezza.
La concessione, in esclusiva, all’URI del servizio radiofonico era stata preceduta, nel febbraio 1923, da nuove norme sulle comunicazioni senza filo, che tra l’altro definivano i poteri di controllo del Ministero delle Poste, dal 1924 assorbito dal Ministero delle Comunicazioni, sugli eventuali concessionari del servizio, e stabilivano anche la facoltà governativa di imporre il licenziamento o di vietare l’assunzione di personale da impiegarsi in tale servizio per motivi di pubblica sicurezza.
Il 1° agosto 1925, la stazione radiofonica di Milano mandò in onda il primo segnale orario. Nel 1927 alla Società Radio Marittima venne affidata la concessione per l’impianto e l’esercizio dei servizi di radiocomunicazioni su navi mercantili italiane. Il 19 giugno andò in onda la prima radiocronaca sportiva (il Gran Premio di trotto di San Siro).
Nel 1928 la URI assunse ufficialmente la denominazione di EIAR. Presso il Ministero delle Comunicazioni venne istituito un Comitato superiore per la vigilanza sulle radiodiffusioni, di cui fecero parte rappresentanti del mondo economico, della cultura e del giornalismo, nominati dal Capo del governo su proposta del Ministero. Avvenne anche la prima radiocronaca di una partita di calcio (Italia-Ungheria).
Dal 1929 andò in onda il “Giornale parlato” in tre edizioni quotidiane.
Nel 1930 la comparsa di valvole in grado di essere alimentate direttamente dalla rete di distribuzione dell’elettricità consentì di realizzare radioricevitori il cui impiego era alla portata di un vasto pubblico: il numero degli ascoltatori aumentava rapidamente. Alla vigilia della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti contavano 30 milioni circa di ricevitori, la Germania e l’Inghilterra 8 milioni, la Francia 3 milioni, l’Italia quasi un milione. Il “Radiorario”, settimanale creato nel 1925 dall’URI per comunicare al pubblico il programma delle trasmissioni, divenne “Radiocorriere”.
Nel 1931 venne inaugurata la Radio Vaticana.
Nel 1933 venne costruita la prima autoradio dall’americano John Feldman. L’EIAR avviò la trasmissione Commento ai fatti del giorno, rubrica giornalistica che diventerà la voce politica del regime fascista. Quest’ultimo aspetto, unito ad un quasi globale controllo delle attività radiofoniche da parte del Governo, potrebbe giustamente far pensare, a dispetto della struttura privatistica dell’Ente, a un’attività radiofonica gestita dal regime con mano ferrea e a scopi esclusivamente propagandistici, ma probabilmente non fu proprio così. In Italia, infatti, se da una parte si cercò di favorire la diffusione della radio nel Paese, portandola anche nelle scuole e nelle sedi delle più disparate organizzazioni oltre che negli uffici dei ministeri e degli enti da essi dipendenti, l’importanza data evidentemente al mezzo come veicolo di formazione psicologica delle masse non si tradusse nella sua totale e sistematica utilizzazione a tal fine, salvo che per i notiziari, i loro commenti e gli altri programmi consimili.
Per contro la radio svolse un importante ruolo di unificazione e avanzamento culturale su una nazione con ancora un modesto tasso di urbanizzazione, una scarsa mobilità sociale e un’alta percentuale di analfabeti o semi-analfabeti.
Nel 1938 avvenne il famoso scherzo dell’invasione degli extraterrestri raccontato alla radio americana da Orson Welles, il quale sfruttò al massimo le qualità specifiche del linguaggio radiofonico, con la sua possibilità di falsificazione e di utilizzazione delle risorse simboliche della diretta, e la sua credibilità, in quanto apparato capillarmente radicato nella vita quotidiana. Senza la radio, nessuno avrebbe potuto far vivere i marziani.
Nel 1939 l’americano E. H. Armstrong mise a punto le trasmissioni radio a modulazione di frequenza (FM).
Tra il novembre 1939 e il gennaio 1940 l’EIAR indisse tra i suoi 1.200.000 abbonati un referendum a premi; si ebbero oltre 900.000 risposte tra le quali 40.000 circa di non abbonati, nonostante l’illegalità della loro posizione e le multe che essa comportava. Il “Giornale radio”, con un 95% di indice di gradimento, risultò la trasmissione più seguita. Al secondo posto, con l’87-88%, c’erano i programmi di varietà e selezioni di canzoni, al terzo, con l’85%, i commenti ai fatti del giorno e l’opera lirica, al quarto, con l’80%, l’operetta, la rivista e la commedia musicale. Alla rubrica indicata come “radiocronache e avvenimenti sportivi”, che comprendeva le radiocronache politiche, andò un magro 50% delle preferenze, che con il 45% ottenuto dalle conversazioni e interviste, confermava il poco interesse degli Italiani per la politica. Gli Italiani, dunque, amavano la musica e le canzoni in particolare ed evidentemente gradivano le canzoni che la radio proponeva loro.
Fra il 1939 e il 1944 la radio svolse un ruolo di primo piano anche come mezzo d’azione psicologica. La “guerra delle onde” veniva combattuta con i disturbi e i programmi destinati a demoralizzare l’avversario o a sollevare quello dei paesi occupati. I “messaggi speciali” collegavano i gruppi isolati di resistenza e grazie alle radioonde qualsiasi frontiera poteva essere superata. Con le onde radio si rivelò l’avvicinarsi di aerei nemici: il radar consentì infatti alla Gran Bretagna di infliggere perdite severe al nemico.
Nel 1940, quando l’Italia entrò in guerra, anche la radio fu mobilitata in occasione del conflitto. Si provvide a una riduzione dei programmi considerati di intrattenimento, sia di prosa che musicali, a favore dell’ampliamento di quelli giornalistici. Un confronto tra i programmi mandati in onda nel 1939, l’ultimo anno di pace, e quelli del 1941, vede una diminuzione di circa il 30% di quasi tutti i generi musicali, compresa l’opera lirica. Ma va tenuto presente che le trasmissioni speciali di nuova creazione, dedicate ai soldati, alle loro famiglie, ai feriti e così via, contenevano molta musica, e soprattutto canzoni.
Il 26 ottobre 1944 l’EIAR cambiò denominazione in RAI (Radio Audizioni Italia).
Nel 1950 dal 1° ottobre iniziarono le trasmissioni del Terzo programma radiofonico della RAI, con deciso indirizzo culturale. In Francia, venne eseguita la prima trasmissione pubblica di radiostereofonia.
Nel 1953 vennero pubblicate in Italia le Norme per la redazione di un testo radiofonico, ufficialmente anonime ma scritte in realtà da Carlo Emilio Gadda, redattore del Terzo Programma radiofonico oltre che esimio scrittore.
Nel 1965 venne avviata la trasmissione Bandiera gialla, rassegna di successi discografici condotta da Gianni Boncompagni e Renzo Arbore.
Nel 1967, L’Approdo, Settimanale di lettere e arti, compì mille puntate: fu il primo rotocalco letterario radiofonico.
Microfoni aperti agli ascoltatori: nel 1969 fu questa la formula innovativa della trasmissione “Chiamate Roma 3131”. L’anno dopo, cominciò la fortunatissima Alto gradimento, condotta, cinque giorni alla settimana, da Renzo Arbore e Gianni Boncompagni.
Nel 1986 l’emittente radiotelevisiva lombarda Rtl 102,5 acquisisce la medesima frequenza in tutto il territorio nazionale. Nello stesso anno, l’Unione Europea di Radiodiffusione orienta ricercatori, industrie, enti e governi verso la radiodiffusione numerica.
La prima indagine ufficiale Audiradio sull’ascolto radiofonico in Italia viene svolta nel 1989. Radio Maria è la più diffusa delle 450 radio cattoliche italiane.
Nel 1995 si ha l’introduzione a livello pubblico del DAB terrestre e la diffusione di ricevitori multibanda, tarati sia per la ricezione tradizionale che per quella digitale.
Nel 1996 si sperimenta la comunicazione digitale in alcune emittenti private.
Nel futuro si prevede che, dopo la FM, il DAB sostituirà a lunghissimo termine, anche le altre bande in modulazione di ampiezza.